TRA UOMO E CANE BASTA UNO SGUARDO – A Natale fai una scelta consapevole. Un cucciolo non è un peluche
Nuovo appuntamento con la rubrica di Tesori a quattro zampe TRA UOMO E CANE BASTA UNO SGUARDO a cura delle volontarie cinofile della Croce Rossa Italiana Bassa Sabina. Oggi parliamo di scelte consapevoli, soprattutto sotto le festività natalizie, perchè un cucciolo non è un peluche, e lo facciamo con l’articolo di Paola Zampa, Infermiera Volontaria CRI.
“Ciao, mi chiamo Jack e sono un cucciolo di Labrador di appena due mesi. Vivo con la mia mamma e i miei sette fratellini e ci divertiamo un sacco. Giochiamo a fare la lotta, esploriamo la nostra cuccia e il mondo circostante qualche metro più in là. La nostra mamma è premurosa, ci lecca, pulisce, ci offre ancora il latte, ma sempre di meno, perché ormai mangiamo anche noi delle belle e profumate crocchettine come fa lei; qualche volta ci sgrida, quando non ci comportiamo come dovremmo, perchè facciamo un po’ i discoli. In questi giorni intorno a noi ci sono tante lucine accese, la gente sembra felice e c’è un grande movimento come se i respirasse aria di festa.
Oggi sono venuti a trovarci due umani, dalle sembianze sembravano maschio e femmina, sorridevano e ci guardavano. Alla fine la femmina mi ha preso in braccio, mi accarezzava e mi coccolava e sorrideva. E poi mi hanno messo dentro una specie di scatoletta con le fessure dalle quali potevo vedere tutto, c’era un morbido cuscino dentro, profumato, da lì ho visto la mia mamma e i miei fratellini diventare sempre più piccoli e alla fine non li ho visti più.
Mi hanno portato in un altro luogo chiuso, una grandissima cuccia dove vivono questi due umani. C’era un grande albero pieno di luci e colori, e una musica che cantava il Santo Natale. Mi hanno messo un grande, grandissimo fiocco rosso intorno al collo e ad un certo punto è arrivato un piccolo umano, che si è messo a gridare, a saltare e a battere le mani. Sorrideva. Sembrava pazzo di gioia. Chissà perché…
Da quel giorno abito lì. Dormo su un bel cuscinone morbido e caldo, ho una ciotola scintillante dove trovo sempre le mie crocchette saporite e un’altra ciotola dove c’è sempre acqua fresca. Non mi piace stare da solo e quando succede piango disperato. Sto tanto bene in loro compagnia, mi ricorda un po’ quando stavo con la mia mamma e i miei fratellini. Gli umani con i quali vivo mi portano a casa tanti giochini colorati, ma io adoro giocare con le loro cose. Hanno delle pantofole così saporite e le gambe del tavolino sono così invitanti…
Ogni volta che mi esce la pipì mi portano fuori e quando la faccio nel prato applaudono felici. Se sfortunatamente mi esce in casa invece mi guardano con disappunto e mi gridano un sonoro NO! Comunque farla nel prato è più divertente, è morbido, pieno di odori invitanti, posso scavare la terra e giocare con l’erba. Sto diventando bravo. Con il tempo riesco a trattenerla sempre di più, finchè non mi fanno uscire.
Ormai mi sono ambientato, quasi non ricordo più la mia mamma e i miei fratellini e qui sto bene. Gioco tantissimo col mio piccolo umano, che di giorno in giorno diventa sempre più piccolo. O sono io che mi sto allargando? Qualche volta mentre gioco mi capita di urtarlo, o di urtare qualche oggetto insignificante, che cade e si fa in tanti piccoli pezzi. I miei umani a volte si arrabbiano e mi sgridano. Con il tempo mi sembra che anche loro si stiano rimpicciolendo. Comunque tutto mi sembra ok e perfetto.
Sono un po’ di giorni che non vedo più l’albero con le luci colorate che mi piaceva molto e non sento più quella bella musica rilassante. Anche i miei umani si comportano in modo strano, non giocano più con me, forse ho sbagliato qualcosa? Ma non riesco a capire. Oggi andiamo a fare una gita, mi hanno chiesto di salire in auto. Ci sono solo gli umani più grandi, il più piccolo non c’è. Sono contento, guardo fuori dal finestrino e scodinzolo, magari andiamo a giocare con la palla su un prato.
Ad un certo punto l’auto si ferma e l’umano più grande, solo lui, mi fa scendere. Sono felice e lo dimostro scodinzolando e guardandolo negli occhi. Lui mi porta al lato della strada e lega il mio guinzaglio al guard rail. Questo è un gioco che non abbiamo mai fatto. Non mi dice nulla. Si alza, sale in auto e riparte.
Vedo l’auto rimpicciolirsi, come sette/otto mesi prima ho visto rimpicciolirsi la mia mamma e i miei fratellini. Ma tornerà a riprendermi, certo che tornerà. Devo solo aspettare. Ecco. Mi metto seduto, faccio il bravo e loro torneranno a riprendermi”.