L’incredibile storia di Bino
Un pomeriggio qualsiasi. Una telefonata. Una voce titubante ed emozionata mi chiede aiuto per una creatura in difficoltà e mi racconta una storia terribile e incredibile nello stesso tempo.
E’ la storia di un cane, un piccolo spinone, l’ennesimo abbandono probabilmente da parte di un cacciatore non soddisfatto dalle sue prestazioni venatorie, che vagava in cerca di cibo, di riparo, di una carezza.
Livio, l’uomo che mi ha chiamata, ogni tanto riusciva ad avvicinarlo per dargli qualcosa da mangiare ma il cagnolino fuggiva subito via, senza permettere a nessuno di prenderlo.
Poi, quindici giorni fa, Livio che abita vicino alla ferrovia, lo vede sui binari immobile come una statua di sale, mentre il treno arriva a tutta velocità, fischiando per cercare di farlo allontanare. Il treno passa velocissimo investendo in pieno il cagnolino immobile.
Livio con il cuore in gola grida e corre verso i binari credendo di trovarlo ormai morto e invece eccolo lì, incredibilmente vivo, un mucchietto di peli biondi con due occhioni tristi che lo guardano mentre un filo di sangue gli esce dalla bocca, eccolo che prova a ringhiare quando Livio lo avvolge in una coperta per correre dal veterinario, ma è solo un attimo.
Poi si lascia andare a quell’abbraccio caldo che sembra finalmente alleviare il suo dolore e la sua solitudine.
Le notizie dal veterinario non sono buone. Bino, cosi Livio ha chiamato il cagnolino, ha la spina dorsale rotta, ha perso la vista e non ha il controllo della vescica.
Il dottore parla di eutanasia, ma l’uomo non se la sente di arrendersi di fronte a quegli occhi tristi che, scrutandogli l’anima, sembrano aggrapparsi ai suoi chiedendo di vivere. Porta Bino a Roma in una clinica specializzata, si informa su internet, telefona agli specialisti e soprattutto toglie il cucciolo dalla clinica e se lo porta a casa.
Ieri sono andata a conoscere Livio e la sua bellissima famiglia pelosa, ha già quattro cani, tutti con delle storie di abbandoni e maltrattamenti alle spalle, tutti amatissimi e trattati come figli. Mi vengono incontro, socievoli e festanti, salgono con noi al piano di sopra dove c’è l’ultimo arrivato. L’uomo, di una dolcezza e sensibilità incredibili, ha chiamato Bino così perché è il diminutivo di bambino – “perchè lui è piccolo e indifeso come un bambino”.
Bino, un mucchietto di peli e ossa, è sdraiato su un tappetino in camera da letto. Appena mi vede alza la testa e mi trafigge con i suoi occhi immensi e tristi nei quali si rispecchia il dolore di un’umanità intera.
Occhi che parlano di una vita difficile, fatta di niente, dopo l’abbandono da parte della persona più importante della sua vita. Livio si inginocchia davanti a lui, accarezzandogli la testina con dolcezza struggente.
Un uomo in ginocchio di fronte ad un cane disabile, questa è per me l’immagine della pietàs, questo è ciò che manca oggi a questo mondo senza anima, l’empatia, la partecipazione, la solidarietà nei confronti di chi soffre, a qualsiasi specie esso appartenga. Bino, che ha circa un anno e mezzo, ora ha riacquistato l’uso delle zampette anteriori e la vista e con un carrellino potrà avere una vita quasi normale. Anche la vescica con il tempo, potrebbe tornare alla normalità.
Nel frattempo Livio la “spreme” ogni sei ore, con la puntualità e la precisione di un papà apprensivo, per permettere al cagnolino di espletare i suoi bisogni. Da quando sta con Livio, Bino ha ripreso a mangiare, si fa fare tutto, anche il bagnetto, con l’arrendevolezza di chi è felice perchè finalmente qualcuno si prende cura di lui con amore. Non sa, Bino, quanto grande è ciò che ci sta insegnando.
La sofferenza, vissuta senza mai un lamento, non ha affievolito la sua voglia di vivere e di lottare che lo porta a cercare di muoversi, a mangiare, a manifestare amore e riconoscenza a chi l’ha salvato e lo sta riempiendo d’affetto e di attenzioni. Bino ci insegna ogni giorno, il valore e il rispetto della vita, sopra ogni altra cosa.
Livio mi dice con le lacrime agli occhi che purtroppo non può tenere Bino, per motivi di lavoro e personali che lo portano a viaggiare anche per lunghi periodi. Il tormento di quest’uomo adesso è il pensiero del futuro di questa creatura, è la responsabilità morale ed etica che sente di avere dal momento in cui ha scelto per lui la vita e non la morte.
Bino, che sopravvivendo all’impatto con il treno ha avuto modo forse per la prima volta di conoscere l’amore e che sta lottando per vivere proprio grazie a questo, ora ha bisogno di una famiglia speciale che lo adotti per sempre. Qualcuno che guardandolo negli occhi riesca a vedere, non un cane paralizzato, ma una creatura giovane, piena di vita, che non vuole arrendersi e che ha tanto ancora da vivere e da dare.
Facciamo realizzare questo miracolo d’amore, non giriamoci dall’altra parte, troviamo una famiglia speciale per Bino, una famiglia che lo sappia amare come lo ama Livio, che salvandolo ci ha indicato un’altra via, quella della pietàs, dell’amore, del rispetto per ogni creatura, di un ideale cosi forte che da solo rende grande e dà un senso ad una vita intera.
Raffaella Cuomo, volontaria