Oggi per la rubrica di Tesori a quattro zampe L’AVVOCATO RIPONDE, a cura dell’avvocatessa Giada Bernardi, parliamo della gestione e tutela degli Equidi.
I cavalli sono creature meravigliose, dotate di una sensibilità unica, che non dimenticano mai un gesto gentile, che hanno un ruolo fondamentale nella vita dell’essere (dis) umano e che troppo spesso – al pari degli altri animali – sono vittime della crudeltà dell’uomo, dimentico del prezioso supporto che il cavallo ha da sempre apportato in moltissimi settori, tra cui quello della cd horse therapy o ippoterapia, ovvero quell’insieme di tecniche mediche che hanno nel cavallo il fulcro per migliorare lo stato di salute di un soggetto e che ha dato ottimi risultati nella cura della paralisi cerebrale infantile, dell’autismo o della sindrome di Down, nonchè patologie acquisite in conseguenza di traumi correlati alla infortunistica stradale e del lavoro.
Diverse sono le disposizioni normative in vigore a tutela degli equidi e del loro benessere. La Carta etica per la tutela del cavallo è stata sottoscritta dai principali rappresentanti del mondo ippico ed equestre e prevede l’impegno dei predetti a praticare tutte le attività che coinvolgono i cavalli nel pieno rispetto delle loro esigenze etologiche ed a tutela della loro salute e benessere – anche al termine della carriera agonistica – garantendo all’animale una destinazione dignitosa diversa da quella alimentare. Il “Codice per la Tutela degli Equidi” – primo in Italia – è stato stilato dal Ministero della Salute e costituisce un impianto normativo completo e dettagliato a cui fare riferimento per la corretta gestione di cavalli, asini, pony, muli e bardotti e da consultare in caso di sospetto maltrattamento e/o abuso perpetrato in danno di questi meravigliosi animali. Fornisce le linee guida per una corretta relazione uomo – equide, nel rispetto ed osservanza della dignità di quest’ultimo e fissa i parametri che costituiscono i livelli essenziali di benessere per l’animale, ponendo precisi obblighi a carico del proprietario e/o del detentore.
Testualmente alcuni estratti dal Codice per la Tutela degli Equidi Art. 1.1 Alimentazione e cura La corretta alimentazione è fondamentale per mantenere l’equide nelle condizioni ottimali, deve essere di qualità adeguata e in quantità sufficiente e va predisposta in considerazione alle caratteristiche di specie, di razza e in relazione al fabbisogno metabolico. Gli equidi sono erbivori che vanno alimentati con moderate quantità di cibo somministrato più volte al giorno e riforniti in modo permanente di acqua. Nella razione alimentare vanno assicurate le giuste proporzioni tra gli alimenti (erba, fieno, fieno insilato, mangimi, etc.) in base alle esigenze della specie, a quelle fisiologiche e all’attività svolta, anche al fine di evitare l’insorgere di eventuali patologie. I foraggi e i mangimi devono essere di buona qualità e correttamente conservati. Un buon pascolo può assicurare un importante apporto di fibre e di minerali, ma in caso di scarsità di erba è necessario integrare la dieta dell’equide con ulteriori alimenti. Mangime e foraggio ammuffito o stantio non possono essere somministrati.
Gli equidi non possono essere sottoposti a lavori intensi subito dopo la somministrazione di cibo. Art. 1.3 Gestione e cura Il proprietario e il detentore sono tenuti a verificare la salute e il benessere dell’equide nonché lo stato e l’efficienza delle strutture, delle attrezzature e degli impianti, sia automatici che meccanici e ad ispezionare gli stessi almeno una volta al giorno. Qualora si rilevino difetti di funzionamento si deve provvedere prontamente alla loro riparazione e nel frattempo approntare adeguate misure per salvaguardare la salute e il benessere dell’animale.
Le attrezzature e i diversi accessori devono essere posizionati in modo da non provocare lesioni agli equidi e, se accessibili, devono essere privi di asperità o spigoli appuntiti o taglienti. Il proprietario e il detentore devono assicurare adeguate cure agli animali malati o feriti, ricorrendo all’intervento del medico veterinario quando necessario e sono responsabili dell’attuazione delle cure sanitarie e dei trattamenti prescritti.
L’utilizzo e la detenzione dei farmaci veterinari deve avvenire conformemente alle disposizioni previste dal decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193 recante codice comunitario dei medicinali veterinari e successive modificazioni e integrazioni (G.U. Serie Generale n. 121 del 26 maggio 2006). Il proprietario e il detentore devono provvedere a:
a) assicurare la regolare igiene e pulizia degli spazi di dimora degli equidi b) assicurare un riparo idoneo, integro, pulito e proporzionato alle dimensioni dell’animale; c) consentire all’equide un regolare esercizio fisico;
d) adottare le precauzioni necessarie per evitare la fuga.
Gli equidi sono animali che in natura vivono in branco e preferibilmente in gruppi sociali. Dovrebbero poter socializzare con membri della loro stessa specie ma, ove ciò non sia possibile, altri animali possono essere impiegati per dar loro compagnia. Nella formazione di nuovi gruppi occorre prestare attenzione alla compatibilità dei diversi componenti ed è indispensabile separare i soggetti incompatibili. Va garantita la libertà di movimento propria dell’animale che non deve essere limitata in modo tale da causare all’equide inutili sofferenze o lesioni. Qualora gli equidi siano custoditi all’interno di un box va prevista la fruizione quotidiana di un paddock compatibile con le caratteristiche morfologiche e della razza nonché la possibilità di regolare esercizio fisico. La scuderizzazione permanente in posta risulta inadeguata ed è pertanto consigliabile che gli equidi siano scuderizzati in box. Gli equidi, ad esclusione di quelli detenuti all’aperto, vanno puliti e strigliati regolarmente e si deve inoltre provvedere alla regolare cura e pareggio dei piedi.
Art. 1.4 .2
Le strutture vanno realizzate in materiali idonei tali da resistere e proteggere gli animali dagli eventi atmosferici nonché garantire un adeguato isolamento termico. Le pareti devono avere caratteristiche di particolare resistenza agli urti e ai calci degli animali, soprattutto nella parte inferiore e comunque almeno fino ad un’altezza di mt. 1,20. Nel caso in cui non sia prevista una parete piena al di sopra di mt 1,20, le eventuali pareti grigliate o con sbarre, devono essere concepite in modo tale da non consentire il passaggio dell’arto del cavallo. Le pareti dovranno essere impermeabili, lisce e senza asperità, facilmente lavabili e disinfettabili.
Art. 1.4.4 Porte di accesso
Le porte di accesso dovrebbero essere di altezza non inferiore a mt 3. Le porte di accesso dovrebbero essere di altezza non inferiore a mt 3, di dimensioni non inferiori a mt 1.20 di larghezza e provviste di una porta inferiore e di una porta superiore, con spigolo stondati; la porta inferiore dovrebbe avere un’altezza tale che il cavallo o il pony possa agevolmente guardare all’esterno. Le porte dovranno aprirsi o scorrere all’esterno ed essere provviste di meccanismi per assicurare la chiusura ma tali da garantire un’apertura veloce in caso di evacuazione degli animali per emergenza.
Non è opportuno predisporre file parallele di box in numero superiore a dieci. In caso di file di numero superiore sarà necessario interrompere la successione e prevedere vie di fuga tra i blocchi di box. È consigliabile che ogni box garantisca l’affaccio verso l’esterno del cavallo con finestra dotata di sportello di chiusura. La Corte di Cassazione nel 2014 ha ritenuto penalmente rilevante la custodia di un cavallo in vano seminterrato angusto, alto meno di due metri e pieno di escrementi, tale da costringerlo a stare con la testa ed il collo continuamente abbassati e a limitarne la possibilità di movimento.
Nel 2017 la Suprema Corte, richiamando decisioni antecedenti ed a far data dal 2004, ha statuito come ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 727, iI co cp non è necessario che l’animale riporti alcuna lesione all’integrità fisica, potendo la sofferenza consistere anche soltanto in meri patimenti ovvero in situazioni che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione, concludendo come pertanto, fosse del tutto irrilevante la circostanza che i veterinari non abbiano riscontrato un cattivo stato di salute dei cavalli. Nel 2013, dopo che molti erano già morti di stenti, vennero sequestrati 21 cavalli da corsa a Torino: la querela nei confronti dell’allevatore venne depositata da una nota associazione che tutela gli equidi.
L’allevatore, con sentenza passata in giudicato nel 2017, è stato condannato a 6 mesi di reclusione ed al pagamento di €11.000 di multa, con confisca degli animali sequestrati ed inibizione per 6 mesi dell’imputato dall’attività di trasporto ed allevamento animali. Pene ancora una volta irrisorie rispetto alla gravità della condotta e che, ancora una volta, si auspica presto vengano inasprire, permettendo in tal modo una più concreta ed efficace tutela dei nostri meravigliosi compagni di vita.
Giada Bernardi, avvocatessa