L’AVVOCATO RISPONDE – Microchippare è un obbligo di legge. I casi nei quali il chip viene asportato con crudeltà
Cari amici ed amiche, rispondendo al quesito posto dalla signora Maria, lettrice di Tesori a quattro zampe, oggi nostro compagno di viaggio sarà il microchip, oggetto essenziale per la tutela dei nostri amici animali, ma che per molti è, ahinoi, ancora un illustre sconosciuto. Chiunque abbia un cane ha l’obbligo di identificarlo tramite l’applicazione del microchip sottocutaneo – in luogo del più invasivo tatuaggio che prima veniva eseguito all’interno del padiglione auricolare e che negli anni si scoloriva fino a scomparire – ed iscriverlo all’anagrafe canina regionale informatizzata (ACIR).
E proprio nell’ACIR i Medici Veterinari ASL e Medici Veterinari Liberi Professionisti autorizzati possono rintracciare agevolmente e rapidamente il proprietario di un cane semplicemente inserendo nella banca dati dell’anagrafe il numero di microchip impiantato nella bestiola, di cui si ha agevolmente conoscenza mediante il semplice passaggio del lettore microchip lungo il lato sinistro del collo. Il microchip è un sistema elettronico di identificazione (cd transponder) – di dimensioni che variano da 12×3,0 mm (microchip) a 0,8×1,4 mm (mini microchip) – formato da una capsula di vetro biocompatibile che viene iniettata sottopelle nel lato sinistro del collo del cane tramite siringhe sterili monouso, senza cagionare alcun dolore alla bestiola.
Il microchip per gatti, obbligatorio in Lombardia dal 01 Gennaio 2020 ed in tutte le altre Regioni qualora il gatto dovesse viaggiare in aereo, è un piccolo dispositivo a 15 cifre che si mette sottocute e che ovviamente consente di identificare l’animale nel caso in cui si dovesse perdere. Non in tutte le Regioni Italiane c’è, quindi (a differenza del cane) l’obbligo di microchippare il proprio gatto, a meno che – ed in questi casi è fortemente consigliato – non si tratti di un gatto con la tendenza a scappare da casa. Qualora si ritrovi un gatto microchippato il veterinario (o le autorità competenti )identificheranno il codice di 15 cifre, quindi sul sito web dell’Anagrafe, anagrafenazionalefelina.it, si può risalire ai dati del veterinario che ha registrato il gatto. Quindi sarà poi il medico a contattare i proprietari.
Anche per i gatti è stata istituita l’Anagrafe Nazionale Felina, ovvero una banca dati promossa dall’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani dove poter denunciare il proprio gatto e registrarne appartenenza e dati utili in caso di smarrimento. All’Anagrafe Nazionale Felina si possono registrare solo i gatti dotati di microchip, non essendo, però, la registrazione obbligatoria, ma a totale a discrezione del veterinario e del proprietario. Il microchip, quando presente, rende quindi più semplice identificare di chi sia un cane e/o gatto rinvenuto vagante e permette in pochi minuti di risalire al proprietario e ricongiungere il binomio. Ed ha rappresentato in molti casi uno strumento efficace per il rintraccio di soggetti rei dell’abbandono della bestiola ( reato configurabile in assenza di denuncia di smarrimento della bestiola) Cosa fare, dunque, ogni qualvolta ci si imbatte in un cane vagante privo di collare e/o medaglietta?
Recarsi presso l’ufficio Veterinario della ASL o presso un Medico Veterinario – la maggior parte dei quali, ormai, dispone di un lettore per microchip – che provvederà a rilevare il numero del microchip ( firmato da 15 numeri ed unico per ogni animale), grazie al quale si potrà risalire al nominativo ed ai recapiti del proprietario, consentendo il ricongiungimento del cane alla sua famiglia. Da tener presente che in osservanza alla vigente Legge sulla Privacy il Veterinario non può rivelare a colui che ha ritrovato il cane nessun dato del nominativo a cui la bestiola è collegata in Anagrafe. Identica la procedura da eseguirsi in caso di ritrovamento di un gatto, considerando, però, come anzidetto, che pochi sono ancora i gatti dotati di microchip, con tutte le difficoltà conseguenti relativamente al rintraccio del proprietario del piccolo.
Il microchip può essere applicato presso l’ASL competente per territorio, previo pagamento di € 8,00 tramite bollettino postale e/o bonifico, o presso un Veterinario autorizzato ( non tutti sono autorizzati ad apporre il microchip) e deve essere innestato entro e non oltre il 60° giorno di vita del cucciolo o, in alternativa, entro i 60 giorni dalla cessione del cane a un altro soggetto. In caso di decesso dell’animale o di sua cessione ad altri, il proprietario ha l’obbligo di comunicare la morte o cessione presso la ASL mediante invio di apposita modulistica o per il tramite di un Veterinario autorizzato. Qualora, invece, ci si dovesse trasferire in altra Regione insieme al nostro Amico per la vita sarà necessario informare del trasferimento la ASL della Regione di provenienza, che rilascerà un nulla osta da consegnare alla ASL del nuovo luogo di residenza affinchè provveda all’iscrizione del cane nell’Anagrafe Canina del luogo.
Il mancato adempimento della normativa che prevede l’obbligatorietà del microchip, può portare ad una multa abbastanza salata, il cui importo varia da Regione a Regione:
Sanzioni per mancata iscrizione all’anagrafe canina regionale, da € 78,00 a € 233,00
Sanzioni per omessa denuncia di scomparsa, morte e trasferimento di proprietà: da € 78,00 a € 233,00.
Sanzioni per mancata applicazione del microchip entro il terzo mese di vita del cane: da € 104,00 a € 259,00.
Così come da Regione a Regione varia il costo d’applicazione del microchip, che si aggira comunque intorno ai 25,00 €.
Talvolta può capitare che il microchip si smagnetizzi e non sia più possibile leggere il codice: in questi casi il Medico Veterinario ASL o il Veterinario autorizzato, certificano il non funzionamento del microchip, provvedendo ad applicarne uno nuovo ed apportare le dovute correzioni nell’anagrafe. Ancora, ma è caso rarissimo, capita che il microchip si sposti dal punto dove è stato impiantato e viaggi lungo il corpo della bestiola ( alcuni sono stati ritrovati all’attacco della coda). E’ quindi assolutamente necessario che il Veterinario, in caso di difficoltà nella lettura del chip, prima di attestarne il non funzionamento esamini accuratamente mediante il passaggio del lettore il corpo del nostro Amico, al fine di evitare l’apposizione di un secondo microchip nel cane.
Ovvio, ma sembra non per tutti, come la rimozione del microchip, pratica illegale, barbara e con ovvie finalità illecite, sia vietata dalla legge e costituisca reato. Nonostante ciò non è, purtroppo, infrequente ritrovare animali vaganti che recano sul collo una piccola cicatrice, che il più delle volte è ciò che resta dell’asportazione del microchip tramite un’operazione praticata da un esperto (e ci si astiene da ogni commento per decoro) quando non anche dallo stesso padrone per evitare il rintraccio. O che viene compiuta da soggetti che ritrovano un animale con microchip e non hanno alcuna intenzione di restituirlo. Condotte tanto bieche quanto censurabili, che integrano gli estremi di reato, in primis quello di maltrattamento di animale previsto e punito dall’art. 544 ter cp.
Nel 2019 un giovane Bull Dog francese maschio è stato sequestrato con urgenza dal Magistrato per evitare che continuasse a subire sevizie.
L’indagine era partita da una segnalazione fatta alle Guardie Zoofile del posto in relazione alle dubbie modalità di detenzione di alcuni cani in un capannone. Durante il primo accertamento le Guardie avevano trovato, tra gli altri, anche il bulldog francese, riscontrando che aveva un microchip che però non era riconosciuto o valido in Italia. Pochi giorni dopo veniva eseguito un nuovo controllo, all’esito del quale risultava come il microchip impiantato nel cane fosse diverso, poiché riportante alla lettura un codice numerico differente dal precedente. La Procura ha contestato al proprietario di aver “con crudeltà e senza necessità” cagionato al cane una lesione per avergli prima tolto il microchip incidendo la cute del cane con un intervento chirurgico per poi impiantargli un nuovo microchip. Sempre per la Procura l’uomo avrebbe poi mostrato alla polizia giudiziaria un certificato di iscrizione all’anagrafe canina ideologicamente falso, commettendo un ulteriore reato.
Giada Bernardi, avvocatessa