I diritti degli animali – Dichiarazione universale del 1978
L’insieme codificato da disposizioni legislative dei comportamenti umani verso gli animali e delle condizioni di vita degli animali, cui corrispondono responsabilità e doveri dell’uomo (e quindi della società), costituisce i “diritti degli animali”.
Tali diritti sono alla base di tutte le disposizioni che disciplinano il rapporto uomo-animale, sia per la tutela del benessere degli animali, sia per la protezione degli animali. La prima testimonianza di diritto che riguarda specificatamente gli animali è stata sancita nel 1641 nel Massachussettes. Essa afferma che “nessun uomo può esercitare alcuna tirannia o crudeltà verso gli animali tenuti dall’uomo per il proprio utilizzo” e scaturisce, da un lato dalla vocazione animalista dei colonizzatori inglesi, dall’altro dal contatto quotidiano con gli animali da parte dei nativi. Durante l’ultimo secolo scienziati, umanisti, zoofili, giuristi, sociologi e politici sono stati sollecitati ad affrontare il problema della tutela della vita animale nella società. Ne è scaturito un ampio dibattito mondiale dagli elevati contenuti etici, scientifici e politici che ha condotto alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell’Unesco a Parigi.
Anche se la Dichiarazione universale dei diritti dell’animale non ha alcun valore sul piano giuridico-legislativo, aver avvertito la necessità di confrontarsi su questo argomento rappresenta, per ogni persona e Paese, un passo avanti ed una scelta di civiltà. Infatti, negli ultimi 25 anni, sono state emanate numerose disposizioni che confermano i diritti degli animali estendendo la disciplina legislativa ad ogni aspetto del rapporto con l’uomo e ad ogni fase dell’utilizzazione degli animali da parte dell’uomo.
In Italia, tali concetti sono stati chiaramente espressi nel 1961 dal Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione Prof. Ernesto Eula:
«Per quanto concerne gli animali non si può parlare propriamente di soggettività giuridica mancando in loro quelle doti di razionalità, di libero volere e di responsabilità che sono proprie della personalità; non si può tuttavia considerarli come cose, ma creature sensibili che fanno parte della nostra convivenza, concorrendo ad integrare la nostra collettività. Si pone, naturalmente, in corrispondenza ai diritti degli animali, una somma di doveri per gli uomini, considerati singolarmente e nella loro collettività organizzata, impersonata nello Stato.»
Su questa linea si pone l’Accordo del 6 febbraio 2003, siglato in sede di Conferenza Stato Regioni, tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano e recepito con DPCM 28 febbraio 2003. L’accordo definisce alcuni principi fondamentali volti a realizzare una maggiore e sempre più corretta interrelazione tra uomo e animali da compagnia, assicurare in ogni circostanza il loro benessere, evitare che siano utilizzati in modo riprovevole e favorire lo sviluppo di una cultura di rispetto per la loro dignità anche nell’ambito delle realtà terapeutiche innovative come la pet-therapy.
La volontà degli organi di governo di riconoscere agli animali dignità di soggetti anche con disposizioni normative risponde all’accresciuta attenzione e diversa sensibilità della società nei confronti del mondo animale. L’opinione pubblica ha maturato la consapevolezza che, oltre ad occuparsi delle loro condizioni igieniche e sanitarie, è necessario sviluppare un maggiore rispetto anche delle loro esigenze biologiche, delle loro caratteristiche comportamentali e, in generale, del loro benessere. Nell’ottica della tutela degli animali e del contrasto ai maltrattamenti sono stati istituiti il Centro di Referenza per il Benessere Animale presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lombardia ed Emilia-Romagna e il Centro di Referenza Nazionale per la medicina forense veterinaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana che supportano il Ministero della salute anche attraverso l’elaborazione di pareri tecnico-scientifici.
Tra i numerosi pareri, il Centro di Referenza per il Benessere Animale recentemente si è espresso in merito all’utilizzo del cosiddetto metodo “barrare” o “sbarrare” nell’addestramento del cavallo nel salto a ostacoli, affermando che tale tecnica non è rispettosa dell’animale e quindi assimilabile a maltrattamento e il Centro di Referenza Nazionale per la medicina forense veterinaria ha fornito una dettagliata valutazione tecnico-scientifica riguardo i dispositivi di cattura degli animali selvatici concludendo che tagliole e lacci si collocano tra gli strumenti di immobilizzazione meno rispettosi del benessere animale.
Il crescente interesse nei loro confronti trova un’ulteriore motivazione in un’organizzazione sociale caratterizzata da nuclei familiari sempre più ridotti e dall’aumento di persone sole che ricevono dai loro amici a quattro zampe sicura soddisfazione al bisogno di affetto e di compagnia. Gli animali d’affezione sono diventati veri e propri membri effettivi delle sempre più numerose famiglie che li accolgono, rivestono un ruolo nuovo e coinvolgente, a volte addirittura positivo per la salute umana.
Fonte: www.salute.gov.it